Il titolo di questo articolo può sembrare in contrasto rispetto ad uno pubblicato in precedenza. Affermavamo infatti esattamente il contrario, ovvero come tutto sia un gioco, partendo dal Dilemma del Prigioniero. Proponendovi Train sembriamo, almeno formalmente, contraddirci. Probabilmente non è così.
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Ultimamente è una moda, a tratti un mantra, parlare di inclusività e passare attraverso il gioco da tavolo per parlare di altre cose.
Certi argomenti sono molto importanti e, proprio perché toccano a volte corde sensibili, facili al fraintendimento.
Ultimamente si è molto discusso del cosiddetto Tascinigate.
In Volpe Giocosa non ne sappiamo tantissimo, ma dalle informazioni raccolte crediamo sia un enorme fraintendimento innescato forse da una leggerezza.
Cercheremo in questo articolo di muoverci agilmente in un terreno che potrebbe essere minato.
Come sempre alle conclusioni trovate una sintesi.
Chi è Brenda Romero
Brenda Romero, prima di sposare John Romero, era nota come Brenda Brathwaite.
Parliamo di una famosa game designer, all’inizio famosa soprattutto nel mondo videoludico.
Suoi ad esempio Jagged Alliance e Playboy: The Mansion.
Approfondì anche alcuni temi scrivendo, ad esempio, un libro sulla sessualità e il videogioco.
Sul suo sito trovate la ludografia.
Un TED di Brenda Romero dove spiega il suo progetto
Mechanic is the Message
The Mechanic is the Message cattura ed esprime esperienze difficili attraverso il mezzo di un gioco. Proprio come le fotografie, i dipinti, la letteratura e la musica sono in grado di trasmettere l’intera gamma dell’esperienza umana da un essere umano all’altro, così anche i giochi.
A causa della loro interattività, l’installazione suggerisce che i giochi sono capaci di una forma di comunicazione più elevata, che coinvolge attivamente il partecipante e lo rende parte dell’esperienza piuttosto che un osservatore passivo.
E’ andata avanti su questa linea e ha sviluppato una teoria che è riassunta in Mechanic is the Message.
In maniera più professionale e sicuramente più profonda, Brenda Romero afferma quanto anche noi in Volpe Giocosa sosteniamo.
Ci riferiamo la fatto che i giochi da tavolo possono essere uno strumento per far passare altri messaggi.
Se ne rese conto, parole sue, quando provò a spiegare alla figlia un concetto legato alle origini irlandesi della famiglia.
Train, di cui andiamo qui parlando, è forse l’esempio di questa serie che ha fatto più parlare di sé.
Non un gioco propriamente in scatola
Train non è un gioco che se andate su qualche negozio trovate. In effetti non è una scatola vera e propria.
Train è più un’opera d’arte interattiva. E’ uno di quelle installazioni che a volte si trovano in certi musei di arte moderna.
Questo gioco viene offerto su un vetro infranto, dove ci sono dei binari di un treno, che la Romero stessa ha cercato in un centro di modellismo ferroviario.
Ci sono poi dei trenini, o meglio dei vagoni, in cui bisogna far entrare delle pedine.
Non sono meeple moderni, ma hanno la forma di pedine di Non T’arrabbiare per intenderci e sono gialle.
Una macchina da scrivere degli Anni 30-40 ha il regolamento dattiloscritto sul rullo. Un certo numero di carte completa il gioco.
Lo scopo del gioco
Nonostante da settimane giriamo la rete per trovare un regolamento dettagliato di Train, non lo abbiamo reperito.
Abbiamo scritto alla stessa Romero e quando risponderà ve lo spiegheremo meglio.
Sostanzialmente il gioco si basa su far entrare il più alto numero possibile di pedine nei vagoni in modo di portare a destinazione il maggior numero di passeggeri.
I vagoni non hanno all’interno “sedi” per ospitare le pedine e la Romero le ha fatte progettare leggermente più grandi delle porte.
In questo modo il giocatore si deve inventare qualcosa per poterle stipare dentro e il problema inverso si presenterà per tirarle fuori.
Un piccolo tecnicismo
Se vogliamo riportarci alle meccaniche classiche dei giochi da tavolo, Train sembra essere un card driven. I giocatori di volta volta leggono il testo delle carte e risolvono le azioni.
Per lo più pare siano imprevisti, spostamento di vagoni tra i giocatori e vicissitudini che mettono alla prova la capacità dei giocatori nel problem solving, l’abilità di risolvere problemi con l’ingegno e i mezzi a disposizione.
“Un gioco che non vorrete giocare di nuovo”
Più o meno in questo modo titolava un articolo apparso sul Wall Street Journal nel Giugno del 2009, anno in cui Brenda Romero rilasciò questo gioco dopo un anno di lavoro.
In effetti questo le carte finali del gioco mostrano la destinazione dei vagoni che i giocatori stavano riempiendo.
Un campo di sterminio: Dachau, Mauthausen e Auschwitz.
Le pedine gialle allora non erano semplici pedine, ma erano ebrei diretti in questi campi e avrete capito perché i vagoni non hanno “sedi”. Sono carri bestiame.
Ha un simbolismo anche il vetro rotto, che ricorda la Notte dei Cristalli e la macchina da scrivere è dello stesso modello di una di quelle in dotazione alle SS.
Noi non abbiamo giocato questo gioco, ma sembra che questa rivelazione abbia in qualche modo “scosso” i giocatori.
Nella stessa intervista di Brenda Romero al Wall Street Journal, l’autrice ci riporta come alcuni abbiano pianto alla conclusione del gioco.
Altri invece, intuita la “metafora”, hanno chiesto lumi sul regolamento e su come si potesse agire per sabotare il sistema.
Toccante quanto riporta Abe Stein del MIT.
Il male viene perpetrato anche da persone comuni
Molto spesso “il male” ci viene spesso rappresentato, soprattutto nei libri di testo, come conseguenza delle azioni di una cerchia di persone ai vertici della società.
Capi di Stato, militari o lobby che per il loro cieco interesse calpestano i diritti di parte della popolazione mondiale.
Con questa esperienza Brenda Romero ci fa capire come tutti siamo responsabili, anche nel nostro piccolo, a quello che accade nella società.
Il giocatore, o il tirapiedi nazista, semplicemente ubbidisce a ciò che gli viene detto.
Si confronta con problemi pratici e “tecnici”, come far salire o scendere persone da un vagone.
Insomma gli ordini vengono ciecamente eseguiti.
Si cerca anche di essere anche efficienti per primeggiare sui “colleghi” o per non avere noie dal capo.
Un proposito che non tutti condividono
A onor del vero c’è da dire che non tutti sono d’accordo con questa visione di Brenda Romero.
Una discussione all’epoca partì proprio su BGG. Un utente sottolineò come la game designer fece leva su un tema sensibile a fini pubblicitari.
In effetti poi la Romero tenne una serie di conferenze su questo tema e simili.
Nell’appunto a Train si accennava a come l’autrice non abbia coinvolto nel suo progetto esperti della Shoah o della comunità ebraica, se non marginalmente.
Si arriva anche a parlare di falso storico. Ci sono addirittura accenni ai regolamenti delle SS che dovrebbero confutare le tesi della Romero.
Tuttavia la discussione, che ha coinvolto quasi 200 post, ha espresso un generale consenso verso Brenda Romero.
Esperienze in rete relativa a Train
Non avendo provato il gioco, ci facciamo alle esperienze di chi lo ha fatto.
Etao.blog conferma la voluta ambiguità del regolamento. Solo alla fine quando si posiziona la pedina sulla destinazione si capisce che rappresenta persone.
E’ chiaro che l’obiettivo fosse portare più pedine a destinazione, giocando carte, ma anche collaborando con gli altri.
Diverse invece le reazioni testimoniate dal sito kotaku.com.
Il valore istruttivo di Train
Ascolto e dimentico. Vedo e ricordo. Faccio e capisco
Questo antico proverbio cinese è quanto mai attuale, anche se poco attuato.
Il punto di vista di Volpe Giocosa è stato più volte reso noto, ad esempio presentando History Games.
Il tema dell’Olocausto è molto trattato, fin dalla scuola elementare, per far sì che le future generazioni non commettano gli stessi errori dei loro padri.
Historia magistra vitae, per citare una locuzione latina.
Alcuni di noi hanno avuto la fortuna di sentire le parole di un sopravvissuto.
Chi non ha avuto questa possibilità, c’è tutta una parte della Letteratura che ci passa il testimone su questi temi.
Pensiamo ad esempio alle opere di Primo Levi o alla storia di Rita Levi Montalcini in Elogio dell’imperfezione.
Col tempo si è capito però che questo sistema era poco efficiente nella trasmissione della Memoria.
Anche i musei quindi si sono aggiornati, offrendo una certa interattività col visitatore.
Train, proprio secondo la stessa Romero, deve essere visto in quest’ottica.
Considerato quindi il fine, il gioco è solo un mezzo per trasmettere un messaggio che non viene da lui dissacrato.
GDC 2013 Train gameplay from John Romero on Vimeo.
Non si tratta di una partita completa ed si riferisce ad una partita giocata molto tempo dopo l’uscita
In conclusione
Train è un progetto presentato in Games for Change.
Si tratta di un forum (nel senso pre-internet) dove si parla appunto di gioco e del suo impatto che può avere nella vita reale.
Noi ne abbiamo sentito parlare la prima volta da Spartaco Albertarelli, durante una sua lezione in un corso di Tambù.
Pensiamo che Train, come altre iniziative simili, sia un’esperienza valida.
E’ chiaro che, se l’autrice è una star designer quale Brenda Romero, il gioco poi abbia una risonanza maggiore
Non abbiamo giocato a Train e non abbiamo visto un video di un blind playstesting (una partita dove i giocatori provano un gioco senza un’interazione con l’autore).
E’ difficile quindi affermare come i giocatori abbiano davvero reagito di fronte a questa esperienza da un punto di vista emotivo.
Siamo tuttavia propensi a credere che le testimonianze siano reali, vista la sensibilità generale sull’argomento.
Speriamo a breve di riportarvi un’intervista con l’autrice stessa e che progetti in questo senso siano sempre più frequenti.
Nel frattempo un’interessante lettura potrebbe esser “La banalità del male“.
27 Gennaio 2021