Era da un po’ avevamo questo pippone in canna.
Anzi.
Ci hanno pure solleticato chiedendoci un’opinione su due giochi recentemente usciti.
Diventa quindi l’occasione per uno zibaldone a tema Spazio.
Se trovate il vostro gioco significa che C’è Spazio per Tutti.
Tempo di lettura 10 minuti
Come altri progetti di Volpe Giocosa questo c’è Spazio per Tutti è un working in progress.
Usciranno sicuramente altri giochi a tema Spazio e una buona quantità fra quelli già pubblicati ce la saremo persa per strada.
Come sempre alle conclusioni un riassunto.
In cosa consiste questa overview
Ci concentreremo soprattutto sull’ambientazione.
Facendo leva su quello che sappiamo di Spazio cercheremo di dire la nostra su quanto i titoli proposti si avvicinino alla realtà delle cose. Per questo molti titoli sci-fi non sono presenti.
Beyond the Sun è un titolo che parla di viaggi interplanetari e c’è un albero delle tecnologie, ma è un gioco nettamente fantascientifico.
In particolare ci andiamo concentrando sul “Trasporto Spaziale“.
Niente Terraforming Mars, Ares Expedition, On Mars o First Martians quindi.
Per noi quei giochi stanno sullo scaffale dedicato alla colonizzazione.
Saltiamo anche 1969 e Apollo XIII di Andrea Crespi. Avrà il suo spazio fra qualche mese.
Iniziamo quindi questa carrellata.
I 5 titoli selezionati
Partiamo allora con i 5 titoli selezionati oggi. L’ordine proposto è cronologico, ma ci fa anche gioco per spiegare una certa differenziazione di fondo:
Leaving Earth
Brevemente: ogni giocatore ha un certo numero di obiettivi.
La difficoltà del set dipende dalla difficoltà impostata. Già in questo gioco si parla di Corsa allo Spazio.
Chi si muove più veloce compiendo le sue missioni è sicuramente il giocatore con più chance di vittoria.
L’aspetto economico è secondario, come il contesto storico
In Leaving Earth l’aspetto economico è una parte secondaria del gioco.
È anche poco ambientata: non si mettono da parte i soldi e chi rimane indietro viene rimesso in pista con denaro fresco. Oddio, questo aspetto potrebbe anche starci…
Anche il contaturni segna lo scorrere della seconda metà del XX secolo ma non c’è una reale connessione fra date e gioco.
La gestione del rischio
Dal punto di vista tecnico Leaving Earth può soddisfare anche i più puntigliosi.
L’autore, Joseph Fatula, si concentra prevalentemente su due aspetti importanti della rocket science.
Il primo è legato a un concetto molto americano, o comunque molto radicato negli anni pre-supercomputer.
Ci riferiamo al sistema trial and fail e step by step.
Significa che faccio una prova, magari in scala o di un aspetto parziale dell’intero progetto.
Se va bene ottengo un progresso che mi servirà in futuro, se va male aggiusto il tiro e riprovo.
Posso anche prendermi il rischio di fare questa procedura, ma potrei trovarmi di fronte all’incidente della Soyuz-1.
Il non plus ultra per lo staging
Il secondo aspetto è lo staging (molto carino questo “percorso educativo” della NASA).
Sebbene ora si parli molto di razzi riutilizzabili, “moda” lanciata da Space-X, il mondo di Leaving Earth e’ ancora expandable: una missione, un razzo.
Un singolo stadio per raggiungere lo Spazio? Ancora un’utopia.
È anche vero ci sono degli strappi alla regola per fare funzionare il gioco. Ci sta.
Se cercate qualcosa di realistico, soprattutto per quanto riguarda la costruzione di un lanciatore mediante stadiazione, con Leaving Earth avete in mano uno strumento realistico al 90%.
Probabilmente il massimo che un gioco possa offrire prima di finire nella crisi da iperrealismo (si veda per i wargame The Campaign for North Africa citato anche con Riccardo Masini).
High Frontier 4 All
Qui basta dire che l’autore è un ex-ingegnere aerospaziale con anni di esperienza alle spalle (un po’ come Volko Ruhnke per il sistema COIN).
Lo abbiamo anche intervistato.
High Frontier 4 All, a dire il vero, è arrichibile con diversi moduli.
Qua ci limitiamo alla scatola base. Un po’ un peccato, ma è un atto di coerenza allo Spazio Per Tutti.
Più satellite meno lanciatore
Leaving Earth si concentrava soprattutto sui veicoli di lancio.
Ok, ci sono i propulsori elettrici, ma di sostanza la progettazione e architettura del veicolo parte sempre dalla superficie terrestre.
In High Frontier 4 All ci sono diverse eredità che Eklund si porta dal suo passato.
Ad esempio la mappa dei Delta-V, che poi è il tabellone del gioco, permette di disegnare diverse traiettorie nello Spazio con alto realismo.
Già in Space Diamonds, la modalità introduttiva pensata da Jon Manker, si parla esplicitamente di manovre alla Hohmann e punti Lagrangiani.
Ad onor del vero anche in Leaving Earth si faceva capire che se si voleva arrivare a destinazione prima, serviva spendere più carburante.
Il punto di forza? Il design di missione
Se la stadiazione in Leaving Earth era implementata quanto più possibile prima di cadere nel cervellotico, High Frontier 4 All è il top per le traiettorie.
L’autore è anche molto astuto nell’introdurre le vele solari.
Innanzitutto perché sono avvincenti (trovate un nostro video a riguardo), in secondo luogo perché tengono lontano il giocatore dalla formula di Tsiolkovsky fintanto non si sentirà pronto.
Anzi, speriamo quanto prima di andare avanti nei video che approfondiscono High Frontier 4 All e l’equazione del razzo potrebbe essere la prossima puntata.
Una volta arrivati alla lettura del Core Book si passa poi a prendere confidenza anche con i fly-by e il concetto di radiazioni e la robustezza dei componenti all’ambiente spaziale.
Rocketmen
Un titolo che attendevamo molto. Qui il realismo scende un po’, ma Wallace ci mette tra le mani un gioco per tutti. Nessuna equazione o eredità ingegneristica.
Rocketmen, un po’ come Leaving Earth, si concentra sulla gestione del rischio.
Questo deckbuilding è stato da alcuni tracciato di eccessiva casualità, tanto che in un nostro video abbiamo provato a mettere le cose in chiaro.
L’esplorazione spaziale, il trasporto spaziale, è difatti prima di tutto gestione del rischio.
Molto semplice, ma quanto basta per capire la sfida ingegneristica
Soprattutto nella versione in solitario si ha l’idea di affrontare una corsa.
Se nel XX secolo era la conquista della Luna, qui è la colonizzazione della Luna fino a portare l’uomo su Marte.
Nel mazzo si trovano anche dei fuori tema, se vogliamo, in un design, anche grafico, molto Space-X oriented.
Da un punto di vista di ambientazione, in Rocketmen i progressi avvengono grazie all’acquisto di carte, non propriamente tramite l’esperienza come in Leaving Earth.
Ok, ci sono i Segnalini Progresso, ma hanno un ruolo marginale nell’economia del gioco.
Space Race: The Boardgame
Avete visto diverse immagini sui nostri social di Space Race, sebbene non sia uscito un articolo con una descrizione puntuale.
È uno dei giochi con la migliore grafica fra quelli proposti, dove le immagini delle carte hanno un marcato stile pop-art.
Le carte, numerose, riportano davvero tutti gli elementi della Corsa allo Spazio: protagonisti, razzi e mezzi di terra.
Un piazzamento lavoratori derivato da un gioco di carte
Space Race era nato anni fa come un gioco di carte che poi ha trovato nel corso del tempo la sua plancia.
Si pone un po’ a metà fra i primi due giochi, “ingegneristici”, e il Rocketmen di Wallace.
Il livello di complessità è per l’appunto intermedio fra i due titoli.
Una variante semplificata permette di arrotondare verso il basso la difficoltà.
In Space Race, sebbene ci sia molto della Storia della Corsa allo Spazio, manca come dicevamo la progettazione.
La meccanica principale è quella della gestione delle proprie carte, tra l’altro con un sistema di drafting davvero originale ed efficiente.
Rimanendo sull’ambientazione. le carte possono avere effetti multipli, così da influenzare diversi settori.
Fra questi settori si inizia a parlare di Propaganda, un aspetto poco approfondito o del tutto trascurato nei titoli precedentemente analizzati.
One Small Step
Il titolo più recente tra quelli presentati oggi.
Torniamo di nuovo alla Corsa alla Spazio iniziata con lo Sputnik che ha visto contrapporre Stati Uniti e Unione Sovietica.
Dal punto di vista tecnico, che oggi ci interessa poco, si basa sia sul deckbuilding, attraverso l’acquisizione delle carte Eventi ad esempio, sia sul Piazzamento Lavoratori.
Non solo Ingegneria
I titoli fino a qui presentati si focalizzavano sulla parte ingegneristica delle missioni spaziali.
In Space Race abbiamo visto l’introduzione della Propaganda.
One Small Step fa saltare gli schemi e affronta questa epopea da un punto di vista superiore, inteso come distanza, come layer.
I lavoratori sono specializzati in Ingegneri e Controllori.
In senso lato i Controllori rappresentano la parte organizzativa, come il recupero delle risorse e le relazioni con i Media.
C’è proprio un tracciato che tiene conto dell’interesse dell’opinione pubblica nelle missioni spaziali.
Del resto le ultime missioni Apollo furono cancellate, fra le varie cose, per lo scarso interesse mediatico.
Insomma in One Small Step non si costruisce né il razzo né si traccia la traiettoria.
Le missioni si risolvono collezionando gli oggetti che la missione richiede: se li hai bene, se non li hai ci sono conseguenze infauste dovute al fallimento.
In conclusione
Ed eccoci alla fine si questa prima puntata di C’è Spazio per Tutti, un’appendice de Nello Spazio con Volpe Giocosa.
Abbiamo fatto una breve cronistoria dei giochi a tema “Trasporto Spaziale”.
Un fattore comune a tutti i giochi
In tutti i titoli oggi proposti notiamo una particolarità: gli aspetti aleatori.
Gli autori hanno ben compreso che il primo passo per trasmettere il fascino del volo spaziale attraverso i loro giochi è quello di tenere conto che, per quanti calcoli si facciano, c’è comunque da incrociare le dita.
Rischio che può essere mitigato facendo test, padroneggiando nuove tecnologie, ma sempre presente.
Practice makes perfect
In tutti i giochi, dove più dove meno, al giocatore è dato il modo di procacciarsi risorse o mitigare il rischio in missioni “più serie” facendo delle prove.
Generalmente non si perde molto se falliscono, ma quasi in tutti i giochi non sono fini al punteggio e in un certo senso fanno perdere tempo.
Insomma, vedete i test come un investimento, ma potete sempre fare i cowboy…
Dove gli aspetti tecnici si toccano con mano
Il primo in ordine cronologico è l’introvabile Leaving Earth.
Riflette in maniera davvero fedele la progettazione e l’assemblamento del razzo.
La riuscita delle missioni, oltre alla necessità di un calcolo che può richiedere una calcolatrice, è basata sul push your luck / risk management.
Queste due meccaniche coinvolgono a pieno il giocatore con poco spazio per il resto.
High Frontier 4 All come complessità è a un livello successivo. Del resto la progettazione delle traiettorie è molto libera, quasi sandbox.
Troviamo dentro un condensato di tutta l’ingegneria aerospaziale, col rischio di fare indigestione (o di raggiungere l’empireo se appassionati).
Leaving Earth si fermava al cosiddetto “Sistema”, la stadiazione, Eklund ci offre brevetti e “sottosistemi”.
Alcuni assodati, come l’ugello De Laval, altri prossimi come l’aerospike, ed altri che necessitano ancora di essere migliorati (come il VASIMIR).
Qualcosa di più family
I due titoli precedenti richiedono un po’ di pratica col calcolo (hanno un peso su BGG che va da 3.7 a 4.8).
Wallace con Rocketmen semplifica la meccanica lasciando però i giocatori col fiato sospeso quando lanciano le missioni e dando loro la possibilità di fare esperienza col deckbuilding.
Ok non troverete nessuna tematica così tecnica come nei due precedenti giochi, ma avrete le stesse emozioni. Torneremo a parlare di questa scelta di design quando arriverà Starship Interstellar.
Space Race è un gioco strategico con diversi elementi di originalità.
Non propone approfondimenti tecnologici come Leaving Earth o High Frontier 4 All, ma si mette fra Rocketmen e One Small Step.
Nonostante non scenda in dettagli tecnici, anche in Space Race troviamo la volontà di far passare l’ambientazione tematizzando le Agenzie Spaziali (cosa che invece non ritroviamo in One Small Step, che è simmetrico).
Un altro punto di vista
Infine, One Small Step.
Sebbene la community dei giocatori lo preferisca come uno scontro a 2, la vera ambientazione secondo noi passa in un 2 contro 2.
Per ogni fazione, yankee o comunista, i giocatori si dividono fra amministrazione e ingegneria.
Così avveniva, così avviene.
Ok, il gioco permette di arruolare Gagarin nella NASA. Anti-storico al massimo.
Ma non è questo che secondo noi fa ambientazione.
La tematica è più da ricercare fra le relazioni e i rapporti che si creano fra le persone, e quanto gli aspetti centrali, in termini di emozioni, arrivino ai giocatori.
Ed eccoci di nuovo a riproporre One Small Step in quattro giocatori.
Se poi c’è anche della tecnica dentro, meglio, ma deve essere al servizio del gioco, e non viceversa.
Qui di seguito vi proponiamo una lista di giochi qui citati o inerenti questo articolo.
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