Siamo qui a scrivere di una piacevole domenica passata nella campagna a nord di Roma.
Gli amici Meeple della Sabina, dopo l’evento natalizio, hanno infatti organizzato un’altra giornata di gioco.
Il format proposto è quello simile alla volta scorsa.
E’ la stessa conviviale proposta che fa mensilmente anche GdT Roma Players e che ha anche proposto La Pila degli Scarti ad Anagni.
Alla fine poi è un mescolarsi di organizzatori e partecipanti, fra inviti fatti e ricevuti, dove tutti si prodigano per passare una giornata in compagnia.
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Questa volta il vostro Affezionatissimo non ha dimostrato giochi e si è goduto Tekhenu e, finalmente, John Company nella sua seconda edizione.
Sara invece, dopo essersi mossa anche lei fra le divinità egizie al mattino, ha intavolato Red Cathedral.
E’ un titolo sempre piacevole e, andiamo a memoria, il primo del fortunato formato proposto da Devir, dove White Castle è il titolo più acclamato e a breve vedremo cosa offre Salton Sea.
Molto golose anche le altre offerte ludiche, con un Wendake che ci ricorda il back in business di Volpe Giocosa.
Tekhenu: una vecchia conoscenza
Sara è una fan di Tascini ed è orgogliosa del suo Tabannusi autografato.
Abbiamo anche reperito su Wallapop un Teotihuacan in olandese, visto che ormai è difficile da trovare in italiano.
Giocammo Tekhenu durante il periodo del lockdown. Questa giornata con i Meeple della Sabina è stata un’occasione eccellente per rinfrescarlo.
Una spiegazione di questo titolo la trovate nell’articolo dedicato.
Cervello in fumo
La spiegazione di Gianluca Gatto è molto precisa e si capisce subito una cosa: sarà una spremuta di cervelli.
L’obelisco lo mettiamo da parte e vi sveliamo una grande verità: si usa solo per le foto.
“Spè metti l’obelisco che faccio la foto.. ok, fatto, toglilo”
Sì perché le icone stampate sono tante, gli spazi azione sono complessi e con risultati diversi a seconda del valore del dado che si applica. Più chiara è la visione dell’area di gioco, meglio è.
Tekhenu è come ce lo ricordiamo: faticoso e intricato. Ma ha anche dei difetti.
Si perché qui l’autore non si è fatto mancare niente. Mini giochi con maggioranze, incroci a matrice per fare punti e carte con abilità speciali.
I dadi giocati poi, a seconda di dove sono presi, finiscono su un piatto diverso della bilancia della dea Maat.
Il confronto del peso del cuore con quello della piuma è una trovata che fa davvero ambientazione e caratterizza il gioco (più dell’obelisco).
Comunque, in sintesi, noi di Volpe Giocosa ci battiamo per gli ultimi due posti.
Sara è assillata dal problema di sfamare gli abitanti delle sue case alla fine dei round che lo prevedono (trauma che ci portiamo avanti dai tempi di Agricola e Tzolk’in).
Il vostro Affezionatissimo invece è uno spendaccione: all’ultimo turno anziché fornire pane alla sua popolazione, dà loro lingotti d’oro.
Noblesse oblige.
John company: ci siamo
Nei giorni precedenti all’evento c’è stato uno studio matto di John Company.
Un gioco dove il Puzzillo del Sud mette le mani avanti fin da subito e chiede aiuto a Emanuele Tomassetti, the specialist di John Company.
E’ lui il nostro dimostratore.
E’ la regola consigliare di giocare a John Company senza spiegare per intero il regolamento, anche se si sceglie lo scenario più semplice. Più opportuno infatti spiegare le cose mano a mano che servono.
Le regole non sono in realtà così complesse, ma è probabilmente inutile sciorinare un’importante mole di informazioni senza che se ne possa apprezzare la profondità e la finalità all’interno dell’economia del gioco.
Ed economia è la parola principale di John Company, gioco che ci riporta all’epoca della Compagnia britannica delle Indie Orientali.
Ogni giocatore impersona una famiglia inglese (e a Pasquetta abbiamo giocato ad Obsession con una parte de La Pila degli Scarti) che tenta di farsi largo all’interno della società.
Beh, in realtà non proprio. Diciamo che l’obiettivo di ogni membro della famiglia è quello di arrivare al pensionamento con un gruzzoletto per godersi il buen retiro.
Una visione di insieme
E quindi abbiamo di fronte a noi la Compagnia delle Indie che ha un suo Chairman eletto dalla maggioranza assoluta del consiglio degli azionisti, ovvero i familiari, o pedine, viste in precedenza.
Il Chairman si occupa a sua volta dell’elezione di altre figure. C’è chi si occupa di aprire il commercio in India (Director of Trade) e chi di procurarsi le navi affinché effettivamente il commercio sia possibile (Manager of Shipping).
Infine il Military Affairs addestra ufficiali, i familiari di cui sopra, e li invia ai tre eserciti dislocati nelle tre regioni in cui è amministrata l’India: Bombay, Madras e Bengal.
Ciascuna di queste regioni ha un Presidente e, se l’esercito ha conquistato la regione, anche un Governatore.
Ma non finisce qui: ognuno di questi Stati, un po’ come gli ufficiali in addestramento per il Military Affairs, ha degli impiegati (Writers) che supportano il Presidente (e magari ne ambiscono a prendere il posto quando questi va in pensione… o viene licenziato in tronco).
Mi manda Picone
Setup casuale e il Vostro Affezionatissimo controlla due Presidenze e, soprattutto, è il Chairman indiscusso, tenendo da solo più della metà di azioni della Compagnia.
Ecco qui che chiappa dei debiti e ridistribuisce i soldi, in particolare ai parenti a Bengal e Bombay e a Paola, la Manager of Shipping.
Già al primo round chi vi scrive riceve una mezza sola, perché Paolo & Paola fanno degli impicci (previsti dal gioco) a Madras. Ecco che un parente del sottoscritto viene mobbizzato e quel turno non fa profitto.
Comunque a fine anno il bilancio della Compagnia è in positivo, il Chairman asseconda la distribuzione dei dividendi che, data la composizione del consiglio di amministrazione, premia soprattutto i suoi familiari.
Risultati comunque non così rosei come le attese, cosicché l’Entusiasmo verso la compagnia.
L’anno successivo ecco che la famiglia del Volpone compra altre azioni (share), sia per coprire parte dei debiti che per tenere la maggioranza nel consiglio di amministrazione, dove il pensionamento del Chairman.
Il vecchio zio se ne va infatti in una villetta, modesta a dire il vero, dove trascorre il tramonto della sua vita.
Alla fine del secondo anno il profitto della Compagnia inizia a essere marginale, una volta pagato l’esercito e la flotta.
Anzi, le carte evento sono piuttosto sfavorevoli, anche perché copiose, e gli autoctoni chiudono buona parte delle basi commerciali inglesi.
Il Primo Ministro vorrebbe far passare una legge dove i debiti della compagnia sarebbero, in poche parole, ripianati dal vostro Affezionatissimo.
Viene subito riportato a più miti consigli, pena essere sfiduciato.
Meglio male accompagnati che soli
Se le cose fossero andate bene, ogni membro del consiglio di amministrazione avrebbe portato un punto vittoria alla sua famiglia.
Ma avrete capito non è andata così.
Ci siamo dimenticati una delle regole più semplici in questi casi, imparata nelle nottate a Modern Art.
Chi è rimasto tagliato fuori dai vertici della Compagnia, in particolare quella vecchia volpe di Emanuele, inizia a remare contro la compagnia, facendone salire i costi.
Paola, ora praticamente al comando di tutti gli eserciti, cerca di riaprire i mercati a colpi di cannonate.
Un po’ ci riesce e un po’ no.
Anche noi, ormai al comando dell’intera Compagnia, ci mettiamo del nostro per rovinarci con le nostre mani.
Come i migliori CEO, stacchiamo dividenti a prescindere dalla salute dell’azienda.
Non solo, ma prima una digressione sull’uso dei dadi.
La risoluzione delle azioni in John Company è molto semplice ed è grosso modo identica a prescindere da quello che si vuole fare.
Per Commerciare ad esempio, si paga 1 sterlina per ogni dado che si vuole lanciare.
L’esito dipende dal numero più basso ottenuto: 1 e 2 successo, 3 e 4 insuccesso ma ci si può riprovare, 5 e 6 disfatta con licenziamento.
In una situazione così critica abbiamo fatto i pulciari e la sorte ci ha, giustamente, punito.
Il resto lo hanno fatto le carte evento e con il fallimento della Compagnia sono finiti anche i nostri sogni di gloria. Anziché un per per share, incassiamo un sonoro -1 e un ultimo posto per noi.
In conclusione
Bellissima domenica passata in veranda al Mama Caffè di Monterotondo, complice una giornata soleggiata e ventilata, ma soprattutto la splendida compagnia.
Memorabile il Telesketch a margine dell’aperitivo, spiegato da Un Meeple per Due,
Un pellicano, che nemmeno Piero Angela, è stato confuso con un campo da pallavolo.
Tornando all’aspetto ludico, è stato un piacere riprovare Tekhenu, sapientemente, e pazientemente, illustrato da Gianluca Gatto.
Si conferma, almeno per noi, uno dei titoli più faticosi della produzione tasciniana, dove alcune soluzioni sono piuttosto intricate e la resa potrebbe non ripagare lo sforzo.
Tuttavia siamo dei fan e saremmo ipocriti a non dire che ci rigiocheremmo volentieri.
Finalmente è stata l’occasione per provare John Company. In un paragone che farà inorridire Emanuele, è il fratello maggiore di Le Compagnie delle Indie, che è la sua versione prêt-à-porter.
Emanuele, come dicevamo, è un luminare di questo gioco e la sua spiegazione, a metà fra una reale partita e una demo, fa apprezzare il gioco e alimenta la voglia di rigiocarlo autonomamente.
L’attualità di John Company
Nepotismo, mobbing e malcostume sono elementi che caratterizzavano quell’epoca, ma adesso del tutto scomparsi nella nostra attuale società (e spesso al tavolo ci si guarda sorridendo, “faccio salire mio nipote“).
C’è un’opinione diffusa che, per l’impegno che richiede John Company, ci siano troppi elementi casuali.
Nei wargame, e nell’accezione più ampia del termine anche questo titolo lo è, non è detto che la casualità sia un elemento antagonista alla simulazione. Anzi.
La casualità è un aspetto presente in quasi tutte le attività umane e ci si tutela attraverso la risk mitigation (si veda uno dei nostri rari video, quello sulla RAMS). Tuttavia si è liberi di non apprezzarla in un gioco da tavolo, of course.
Noi, in una Compagnia dove si contavano i ramini per arrivare a fine anno, abbiamo risparmiato qualche sterlina assumendoci un rischio, il 6% in più di fallire.
Forse non è valsa la candela, ma non abbiamo nulla da recriminarci.
Anzi, c’è da dire che la gestione della randomness output in John Company ci è sembrata semplice ed elegante.
C’è voglia di riprovarci quanto prima.
11 Aprile 2024